martedì 26 dicembre 2017

LA DOPPIA ELICA E L’ULTIMA OMISSIONE DI WATSON E CRICK

Un attento lettore critico dei post che vado scrivendo mi ha rampognato per non avere ancora ricordato una delle più gravi omissioni da parte di Watson e Crick sui fondamentali contributi di idee da loro utilizzati per scoprire la struttura a doppia elica del DNA, scoperta che fruttò loro, nel 1962, il premio Nobel per la Medicina. Questo post rievoca il contributo di Erwin Chargaff alla scoperta.


Erwin Chargaff
Ghargaff è stato un personaggio di prima grandezza nel mondo della chimica e della biochimica. Il suo contributo alla scoperta della struttura del DNA è stato essenziale ma Watson e Crick – c’era da aspettarselo – non ne hanno mai fatto menzione. Dal canto suo, Chargaff è stato un tipo estremamente critico nei confronti della scienza contemporanea, e per questo poco amato dalla comunità scientifica (al suo spirito critico e ai suoi modi detestabili dedicherò in futuro una paginetta ad hoc).

In precedenti post, ho ricordato due scienziati alle cui scoperte e alle cui esperienze i due vincitori del Nobel hanno attinto, senza ricordarsi, però, di ringraziarli per il loro essenziale contributo alla scoperta di quella che è diventata la più famosa icona delle scienze moderne: la doppia elica del DNA.        
DNA: rappresentazione iconografica
Questi due scienziati sono Rosalind Franklin (vedi al link) e James Michael Creeth (vedi al link). E veniamo dunque all’ultima delle smemoratezze dei due vincitori di Nobel, quella che riguarda Erwin Chargaff.

Chi fu costui e quale fu il suo contributo alla scoperta che ha portato Watson e Crick sul palcoscenico mondiale?
Chargaff nacque nel 1905 a Czernowitz, una cittadina che oggi appartiene all’Ucraina – al confine tra Ucraina, Romania, Moldavia – e che all’epoca apparteneva all’Impero asburgico. Si trattava di un impero nel suo momento di massima decadenza, dilaniato da tensioni indipendentiste: un impero che imploderà di lì a poco, con la prima guerra mondiale. Di cultura borghese, crebbe culturalmente a Vienna e la sua formazione fu eminentemente umanistica: frequentava letterati, commediografi, filosofi. Intellettuale di largo respiro, fu letterato egli stesso e tale si considerò sempre, anche quando professionalmente frequentava la chimica. Si diede alla chimica non per vocazione ma perché nel dopoguerra con la letteratura era difficile guadagnarsi il pane. Una volta intrapresa la via della chimica, amò la ricerca: una ricerca romantica, fonte di domande sulla natura del mondo, sulla natura dell’uomo e della scienza medesima. Quanto alle risposte, a quelle di natura materialistica ne abbinava altre di natura umanistica e morale, dando alla sua ricerca un’ampiezza che andava ben oltre il mero razionalismo scientifico. Ma restiamo nell’ambito della chimica.     
Nei primi anni cinquanta c’era un grande fermento nell’ambito della biologia perché era stato chiarito che l’ereditarietà era strettamente correlata all’acido nucleico, una molecola di grandi dimensioni che stava nel nucleo delle cellule. Era stato il medico canadese Oswald Theodore Avery, nel 1943, a scoprire, con un elegante esperimento, la connessione tra acido nucleico (DNA) ed ereditarietà. Lavorando con ceppi batterici della famiglia dello streptococco, egli aveva visto che ceppi non letali lo diventavano se messi a contatto con il lisato di ceppi letali (il lisato è quanto rimane dopo avere ucciso i batteri disciogliendoli con solventi che ne distruggono la membrana cellulare). Aggiungendo al lisato un enzima in grado di spezzare il DNA in piccoli frammenti, la caratteristica aggressività dei ceppi letali non era più trasmissibile ai ceppi non letali. L’esperimento dimostrava che le caratteristiche trasmissibili ai discendenti sono veicolate dal DNA. Dopo questo esperimento, in tutto il mondo si scatenò la ricerca per caratterizzare chimicamente e strutturalmente la molecola in questione. Da bravo chimico, anche Chargaff si impegnò in questa appassionante ricerca. Esaminando le sostanze azotate del DNA – le purine Adenina (A) e Guanina (G), e le pirimidine Citosina (C) e Timina (T) – egli fece una scoperta che era insieme inattesa e di estremo interesse. Scoprì che il rapporto tra la purina C e la pirimidina G era uguale a 1; e il rapporto tra la purina A e la pirimidina T era anch’esso uguale a uno. Questo poteva significare una sola cosa: che nella molecola del DNA ad ogni purina corrispondeva una pirimidina: più precisamente, ad ogni Citosina si legava una Guanina e a ogni Adenina si legava una Timidina. Questo stretto e specifico rapporto tra purine e pirimidine fu chiamato Regola di Chargaff. Una regola è una legge da cui non si scappa.

Regola di Chargaff
EMBÈ?? – si chiederà taluno. Ebbene, un legame paritetico 1:1 può voler dir niente, ma può voler dire molto. Nel caso del DNA, voleva dire molto. Quel fatidico rapporto di 1:1 forniva indizi preziosi riguardo alla domanda che tutti in quel momento si ponevano: come è fatto il DNA, che struttura ha? Chargaff aveva gettato luce su entrambe le questioni. Per capire meglio le conseguenze della sua scoperta riguardo la struttura della molecola, la cosa migliore è leggere direttamente le sue parole sulla questione. In un’opera autobiografica (Il Fuoco di Eraclito. Garzanti, 1985), Chargaff scrive: Quando discussi per la prima volta in pubblico le nostre primissime osservazioni [1947], il DNA apparve come un nastro di Möbius. In qualche modo mi spiace ancora che questa concezione sia rimasta soltanto una concezione campata in aria […] Questo è probabilmente il primo puerile abbozzo della divisione dei filamenti del DNA”. [Nastro di Möbius: Striscia di carta completamente ruotata (360°) le cui estremità vengono incollate tra loro. Se a striscia viene tagliata lungo la linea centrale, si ottengono due anelli intrecciati l’un l’altro, entrambi i quali hanno ereditato la rotazione originaria].

Nastro di Möbius 
Da un risultato di pura analisi chimica quantitativa, egli aveva estrapolato un concetto qualitativo sulla struttura del DNA: una struttura organizzata in maniera nastriforme con molecole appaiate (una purina con una pirimidina), ma anche una struttura che, dividendosi a metà (staccando ogni purina dalla sua pirimidina) dà luogo a nastri dimezzati coerenti con la divisione cellulare e con la trasmissione dell’informazione ereditabile. Egli definisce questa ipotetica struttura come campata in aria nonché come puerile abbozzo di divisione”, per il semplice fatto che poi egli e il suo gruppo di ricerca proseguirono le indagini sulla composizione chimica della molecola ma non sulla sua struttura.  
Questi studi di Chargaff risalgono ai primi anni cinquanta: 1951 e 1952, per l’esattezza. Erano molti e di gran calibro i chimici che in quegli anni indagavano la struttura del DNA. Uno di questi era Linus Pauling (1901-1904), ricercatore americano che riceverà a sua volta il premio Nobel per la Chimica nel 1954. Lavorando sui legami dei gruppi fosfato della molecola del DNA e ispirandosi alla forma elicoidale di proteine più semplici, nel 1953 aveva proposto un modello ad elica con una triplice catena.

Elica a triplice catena
Fonte İnfoCan - Opera propria, CC BY-SA 3.0
URL della fonte
Questo modello (abbastanza vicino al vero) confliggeva però con alcuni riscontri, per esempio con le foto eseguite in difrazione dei raggi X scattata da Rosalind Franklin nel 1952, la quale mostra una simmetria binaria, incompatibile con un modello a tripla elica.
  
Photo 51, scattata da Rosalind Franklin nel 1952
In questa situazione assai fluida e di grande competitività fra grandi gruppi di ricerca, accadde che Chargaff – che era in Inghilterra per una serie di convegni – incontrasse Watson e Crick a Cambridge. Mostrando un’ingenuità pari solo al suo delirio di grandezza, in quell’occasione egli li rese partecipi delle sue intuizioni. Qui di seguito alcuni brani (da accogliere con beneficio d’inventario) in cui egli rievoca quei momenti: “Incontrai per la prima volta Watson e Crick a Cambridge negli ultimi giorni di maggio del 1952 […] La prima impressione non fu certo buona […] I due, non gravati da alcuna cognizione chimica sull’argomento, volevano in qualche modo definire il DNA come un’elica; il principale motivo di ispirazione sembrava il modello a elica di una proteina […] Dissi loro tutto ciò che sapevo. Se avevano già sentito qualcosa sulle regole di appaiamento [le succitate Regole di Chargaff], essi non me lo dicevano, ma poiché sembrava che non sapessero gran che di qualsivoglia cosa, non mi stupivo troppo […] Quando, un anno più tardi, Watson e Crick pubblicarono la loro prima comunicazione sulla doppia elica, ignorarono il mio apporto” (da: Il Fuoco di Eraclito: pag. 134-7). Il risentimento di Chargaff viene qui espresso con l’eloquio corrosivo che gli è tipico e che gli ha alienato le simpatie dell’intera comunità scientifica: quel che conta, però, per gli intenti di questo post. è la dimostrazione di come Watson e Crick fossero estremamente abili nel carpire informazioni a proprio ed esclusivo beneficio. Per completezza d’informazione, bisogna aggiungere che Watson e Crick non hanno mai negato l’episodio narrato da Chargaff.

Credo che il contributo di idee di Chargaff sia stato essenziale per mettere sulla giusta via Watson e Crick. Senza nulla togliere alla loro indubbia capacità di condensare in un ottimo modello le conoscenze che si erano rese disponibili, mi chiedo ancora una volta perché essi non abbiano mai sentito il dovere morale di citare le fonti delle idee che hanno consentito loro di formalizzare la scoperta.
Chargaff meritava di essere citato e forse lo meritava anche Avery, senza la cui scoperta sarebbe forse passato molto tempo prima che il DNA diventasse l’oggetto di ricerca più ambito. E qui sorge una domanda di carattere generale: se la scienza è un’impresa collettiva dove chi viene dopo sfrutta il lavoro di tutti coloro che sono venuti prima, fino a dove corre l’obbligo della riconoscenza? A questa domanda non c’è, ovviamente, una risposta univoca. Bisogna giudicare di volta in volta quali sono i contributi più vicini e quelli che sono stati davvero fondamentali per far nascere la nuova intuizione. In una nuova scoperta di astronomia non si può risalire ogni volta a Keplero, a Copernico, a Galilei: ci si deve limitare ai contributi più prossimi che hanno consentito di scoprire qualcosa di nuovo. A volte può essere molto difficile individuare quanto indietro si deve andare per riconoscere il debito di riconoscenza. Nell’incertezza su chi fosse meritevole della loro riconoscenza, Watson e Crick risolsero salomonicamente il dilemma: non ringraziarono nessuno, riconoscendo unicamente di essersi ispirati al modello a elica suggerito da Pauling (James D. Watson. Nobel Lecture, 11 dicembre 1962: pag. 785-786 à vedi al link).

Corre l’obbligo di notare che solamente Maurice Wilkins, che ricevette il Nobel assieme a Watson e Crick, fu l’unico, nella sua Nobel Lecture, a menzionare i meriti di Rosalind Franklin, sua collega di laboratorio, e a ringraziare esplicitamente Erwin Chargaff per la sua scoperta riguardante l’equilibrio tra purine e pirimidine (Maurice H.F. Wilkins. Nobel Lecture,11 dicembre 1962: pag. 757 e 781 à vedi al link).    

Nessun commento:

Posta un commento