giovedì 28 gennaio 2016

MEDICINA: NUOVI SAPERI, NUOVI DILEMMI

La medicina ha fatto così tanti progressi che è ormai difficile trovare qualche sano. 

Non sono riuscito a trovare l’esatta fonte di questo aforisma attribuito alla tagliente lingua di Aldous Huxley. Tuttavia, la medicalizzazione esasperata che imperversa nei paesi in cui l’assistenza sanitaria è accessibile a tutti (e dove le spese sono prevalentemente a carico della collettività) rende veritiero anche un altro aforisma – più recente – in cui si afferma che viviamo da malati per cercare di morire da sani. La spasmodica ricerca di salute ha come ineludibile contraltare la ricerca altrettanto spasmodica (con la speranza di non trovarli) di indizi e di segni di qualche malattia in agguato. Questo atteggiamento sembra esso stesso sfiorare la patologia: Laura Muldon, un medico di Toronto, ne ha parlato come di una pandemia di aspettative esagerate.
Un termine sempre più utilizzato da chi si occupa di politiche per la salute è sovradiagnosi: un eccesso di procedure diagnostiche cui segue, inevitabilmente, una sovraterapia, con tutto un corollario di ricadute sulla salute, non solo positive ma anche negative, sia in termini di complicazioni associate a cure non necessarie, sia in termini economici. I termini sovradiagnosi e sovraterapia si riferiscono a un concetto per nulla intuitivo, a cui ci dovremo abituare modificando le nostre prospettive: vale a dire che fare ogni sforzo per scoprire e curare le malattie quanto più precocemente possibile non è sempre vantaggioso. Alcune malattie, grazie ai progressi tecnici e alla diffusione delle indagini diagnostiche, vengono individuate ad uno stadio molto precoce: la medicina a volte non è in grado di stabilire se un reperto anomalo possa evolvere davvero in una malattia che richieda di essere curata. La medicina non sempre è in grado offrire delle certezze su cui poggiare la difficile scelta fra due opzioni: correre il rischio degli effetti negativi di una terapia superflua o correre il rischio di non curare abbastanza presto. 
Un altro elemento che deve essere considerato nelle decisioni di politica sanitaria è il rispetto della legittima aspettativa di chi è effettivamente ammalato. Questo si aspetterebbe che le attenzioni e le risorse della sanità si concentrassero sulla cura della sua malattia in atto piuttosto che su quella, ipotetica, di aspiranti sani non ancora malati.  

Alcuni studi pubblicati su riviste mediche molto autorevoli mostrano come in alcuni programmi diagnostici su vasta scala, come quelli sul tumore della tiroide effettuati in Corea, o quelli riguardanti il dosaggio del PSA per la diagnosi precoce del tumore della prostata, gli svantaggi possano superare i vantaggi, sia in termini di salute che in termini economici. Casi come questi stanno portando a serie rivalutazioni di alcuni programmi diagnostici e la nuova problematica della sovradiagnosi viene presa molto sul serio. In questo contesto piuttosto complicato di nuovi saperi che contrastano con i vecchi saperi ,sorge legittima la domanda: chi può prendere le difficili decisioni su cosa è meglio fare? 
"La visita al hospital" di Luis Jiménez Aranda (1845-1928) 

lunedì 25 gennaio 2016

TURKANA: UN LUOGO E UN TOPOS PER IL GENERE UMANO

da: en.wikipedia.org. Dominio pubblico
A causa di un ritrovamento di resti fossili dagli importanti risvolti etnografici e antropologici, nei giorni scorsi è apparso con grande evidenza sulle pagine dei giornali il nome di un luogo esotico sconosciuto ai più: TURKANA
Molti di noi, richiesti di indicarlo sulla carta geografica, punterebbero il dito su una qualche area dell’Asia Minore. Sbagliato! Turkana è il nome di un grande lago del Kenia. È un luogo importante per la storia dell’umanità: una storia molto antica che comincia un milione e mezzo di anni fa con il Ragazzo di Turkana.

Il Ragazzo di Turkana (rinominato Nariokotome Boy-KNM-WT 15000) è un ominide risalente a un milione e mezzo di anni fa scoperto nel 1984 nei pressi del lago di Turkana. Il suo aspetto, la capacità cranica superiore ad altre specie ominine e il suo presumibile stile di vita ne fanno un anello evolutivo molto prossimo a Homo sapiens. Al Ragazzo di Turkana avevo dedicato una paginetta nel mio saggio Diventare Umani: origine ed evoluzione di quel che siamo (Aracne, 2013): “Il Ragazzo di Turkana”, scrivevo, “è il primo ominide di statura simile alla nostra. Classificato inizialmente come Homo erectus, viene ora considerato appartenente a Homo ergaster. Il famoso paleontologo Ian Tattersal  – che non per caso ha scritto un libro dal titolo molto simile al mio: Becoming Human: Evolution and Human Uniqueness – ritiene che il Ragazzo di Turkana possedesse un potenziale cognitivo superiore a quello degli ominidi suoi predecessori: un potenziale cognitivo tale da consentirgli di realizzare un salto cognitivo qualitativamente rilevante. In effetti, intorno a un milione e mezzo di anni fa, Homo ergaster cominciava a padroneggiare il fuoco e a fabbricare strumenti litici come armi di pietra dalla lama simmetrica e regolare”.

Un milione e mezzo di anni fa il Ragazzo di Turkana stava preparando lo straordinario armamentario cognitivo di Homo sapiens. I resti fossili ritrovati recentemente vicino a Turkana (a Nataruk per l’esattezza) ci mostrano una successiva puntata della storia iniziata dal Ragazzo di Turkana e ci mettono sotto gli occhi una delle impreviste conseguenze del potenziale cognitivo di cui Homo sapiens va fiero.


Da: Il Corriere della Sera, 21 gennaio 2016

lunedì 11 gennaio 2016

TEUTOBOCHUS COME METODO


VOLARE BASSO, METODOLOGICAMENTE

Ho avuto tra le mani in questi giorni, nella traduzione di Alessio Odini, Il libro del mio amico (Biblion Edizioni, 2015) che Anatole France pubblicò nel 1883. Vi ho trovato una frase con la quale lo scrittore francese coglie sorprendentemente – in modo preciso e fulminante – l'essenza stessa delle mie intenzioni metodologiche di quando iniziai a meditare di aprire un blog nel quale condividere con altri qualche pensiero. L’idea di non voler mai, neanche per sbaglio, cercare di volare troppo alto (cosa che mi avrebbe reso ridicolo ai miei stessi occhi) era il principio metodologico su cui ragionavo. Questo è stato il pensiero che mi ha suggerito di intitolare il blog dove osano le galline e di dedicare una breve paginetta a esplicitare le mie intenzioni (dichiarazione programmatica).
Ed ecco che, dopo tanta fatica, mi ritrovo tra le mani questo stesso programma personificato in Teutobochus, re dei cimbri, utilizzato da Anatole France – con falsa modestia, naturalmente – come metafora e come musa della sobrietà e della moderazione delle intenzioni.
Ma chi fu questo Teutobochus e che cosa c'entra con Anatole France?
da Histoire de la Provence http://www.horizon-provence.com/histoire-provence/04_rome-provence.htm

venerdì 1 gennaio 2016

Genetica come ALIBI

GENETICA COME ALIBI (DOVE IN BALLO C’È LA LIBERTÁ).

La responsabilità consiste nel prevedere e nel comprendere le conseguenze delle proprie azioni assumendosene l’onere. La responsabilità consegue dalla libera scelta, anche se quest’ultima non è del tutto incondizionata. 
La libera scelta di Homo sapiens (vale a dire noi) può essere condizionata da due elementi: la natura di cui siamo fatti, la cultura con cui siamo plasmati. Homo sapiens sta lì in mezzo, in equilibrio, tra natura e cultura. 
La prima ci trasmette l’istinto, la seconda i modi per non esserne succubi. La prima costituisce “Homo”, la seconda costruisce “sapiens”. Natura e cultura si fondono nell’epicentro del nostro sentire e del nostro agire: il cervello, strumento da usare possibilmente sempre. Il vecchio dualismo natura-cultura sa ormai di stantio, di molto stantio. Nella costruzione del sapiens (se è di questo che ci occupiamo) natura e cultura sono un’amalgama indissolubile così come lo sono, nella costruzione di una solida casa,  l’acqua e il cemento: come diceva il famoso antropologo francese Edgar Morin, “privato della cultura, sapiens sarebbe un soggetto ritardato, incapace di sopravvivere se non come un primate del più infimo ordine” (Le paradigme perdu: la nature humaine, 1973). Sarà perché ho appena pubblicato il saggio William Bateson, l’uomo che inventò la genetica, sarà perché le relazioni tra scienza e società mi hanno sempre affascinato, vorrei discutere molto brevemente di questi rapporti prendendo spunto da messaggi pubblicitari che sgorgano senza controllo dalla televisione. Questi messaggi, che veicolano interessi economici del tutto ovvi, tendono a turbare il giusto equilibrio tra natura (biologia) e cultura (trasmissione non biologica delle informazioni), finendo anche – di rimando – a ridurre la responsabilità, e quindi la libertà, delle scelte del destinatario. Veniamo al dunque.